Quella della concorrenza sleale delle sagre nei confronti dei pubblici esercizi (ristoranti e bar) è una battaglia che va avanti da anni. Con la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) da una parte e le pro loco, i circoli privati, le associazioni e le amministrazioni comunali dall’altra. Il decreto legge semplificazioni del governo Monti introduce un’ulteriore mazzata per i pubblici esercizi: l’abolizione del possesso dei requisiti morali e professionali per chi somministra cibo e bevande durante sagre e feste di partito. Il dibattito parlamentare è in corso, con la Camera che per il momento ha bloccato il provvedimento.
Di certo per i negozianti del settore alimentare questo non è un gran periodo. Con la crisi che ha cambiato (al ribasso) il comportamento dei consumatori, con lo sciopero dei tir, con il maltempo, con un Capodanno low cost che per i ristoranti è stato tragico, e con l’imminente stangata dell’Iva al +2% che alzerà i prezzi e quindi – probabilmente – porterà a un’ulteriore contrazione dei consumi. Poi, con l’arrivo dell’estate, è il momento ogni anno di fare i conti con la concorrenza di sagre e feste. Una concorrenza da sempre considerata “sleale” dalla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) perché il personale che lavora alle sagre in genere non è professionalizzato, segue parametri igienico-sanitari piuttosto blandi e non è soggetto a tasse e contributi, cioè non paga imposte e Iva sulla somministrazione (e quando questo – raramente – accade, avviene in regime di tassazione forfettaria).
L’articolo 41 del decreto legge semplificazione del governo Monti semplifica (o complica, a seconda dei punti di vista) ulteriormente il quadro, abolendo il possesso dei requisiti morali e professionali per chi somministra cibo e bevande durante sagre e feste di partito. Il che singifica che, in teoria, un pluricondannato per reati in materia di salute pubblica potrebbe preparare e somministrare cibi alle sagre. E significa, soprattutto, che feste e sagre non sono più soggette a possibili controlli di polizia e carabinieri, che nel caso dovrebbero attendere il mandato del magistrato per qualsiasi blitz o controllo. In pratica si entra ina sorta ddi zona franca esentata da qualsiasi blitz fiscale e sanitario. Una zona nella quale, per esempio, potrebbero essere agevolnmente somministrati alcolici anche ai minori.
La discussione parlamentare è in corso. E a seguito delle durissime proteste della Fipe si registra al momento la bocciatura della Camera sull’articolo 41 del decreto semplificazione. La battaglia è ancora aperta. Durissimo il comunicato stampa della Fipe: “il provvedimento che fa parte del dl semplificazioni in discussione in Parlamento per la conversione in legge dovrà passare l’esame dell’Aula, dove Fipe conta di recuperare. E su questo argomento si prepara a dare nuova battaglia. Aver tolto, in un’ottica di semplificazione, l’autorizzazione di pubblica sicurezza ai circoli privati che somministrano alimenti e bevande impedisce nei fatti l’intervento preventivo da parte delle forze dell’ordine in caso venisse ravvisata una situazione di pericolo per i cittadini. Ciò significa che polizia e carabinieri non potrebbero accedere immediatamente al luogo dove si somministrano cibi e bevande, ma dovrebbero attendere il mandato del magistrato. >In questo caso la semplificazione per i circoli privati mette a rischio la sicurezza dei cittadini. Le situazioni di pericolo vanno da quelle più gravi (dalla rissa al riciclaggio di denaro sporco passando per lo spaccio di sostanze tossiche) a quelle apparentemente meno gravi, come per esempio il consumo di alcolici a persone di qualsiasi età e a qualsiasi ora. I circoli continuerebbero infatti ad essere soggetti al divieto di somministrazione di alcolici oltre le 3 del mattino, ma senza l’autorizzazione di pubblica sicurezza diventano luoghi esenti dai blitz. Tutto ciò aggrava la situazione di concorrenza sleale creata dai circoli a danno delle attività commerciali propriamente inquadrate e soggette a obblighi di legge più complessi e articolati. Non è un caso che alcuni circoli nascano proprio con l’obiettivo di effettuare in maniera impropria, ma paradossalmente consentita dalla legge, un’attività da esercente. Infatti i circoli privati non rilasciano scontrini ‘a norma di legge’ e non pagano imposte e Iva sulla somministrazione se non (ben che vada) in regime di tassazione forfettaria. Tutto ciò avviene a dispetto del pronunciamento della Commissione europea che ha definito da tempo queste agevolazioni veri e propri aiuti di Stato”.
(Luigi Torriani)