Cresce l’importanza lavorativa degli immigrati, ormai indispensabili per l’agricoltura italiana. E per l’imminente campagna di raccolta primaverile la Coldiretti lancia l’allarme: mancano 35.000 lavoratori stagionali. E data l’allergia degli italiani al lavoro nei campi, al momento la soluzione – secondo Coldiretti – è soltanto una: il governo deve sistemare al più presto la definizione delle quote d’ingresso.
La disoccupazione nel settore agricolo è in continua crescita, con 40.000 occupati in meno (dato Istat secondo trimestre 2011). Il 4,6% in meno, cioè il calo più forte nel numero dei lavoratori tra tutti i settori dell’economia italiana. Alla base di questo crollo – secondo l’analisi di Coldiretti – stanno anche delle ragioni congiunturali, e in particolare l’andamento climatico sfavorevole e la psicosi da batterio killer. È un dato fatto, comunque, la scarsa propensione degli italiani al lavoro nei campi, considerato da molti una professione disonorevole. E non a caso negli ultimi quindici anni il numero degli extracomunitari impiegati in agricoltura è passato in Italia da 52.000 a 197.000 unità, cioè è quasi quadruplicato. Al punto che ormai in Italia un lavoratore agricolo su dieci è straniero (soprattutto albanesi, marocchini, indiani, ganhesi, europei dell’Est).
In questo contesto un problema più volte denunciato dalla Confederazione Italiana Agricoltori e dalla Coldiretti è l’estrema lunghezza e complessità burocratica dell’inserimento dei lavoratori stranieri nel mercato italiano. Un sistema tradizionalmente attraversato da procedimenti amministrativi biblici (dai quattro agli otto mesi), con un enorme divario tra domande presentate e domande evase (nel 2010 103.473 domande di nulla osta, 32.355 nulla osta rilasciati), e con la tendenze delle aziende a lasciar perdere quando i tempi si protraggono troppo a lungo. Un sistema – quello italiano – nel quale di recente (decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5) è stata introdotta una semplificazione nelle procedure di assunzione dei lavoratori extracomunitari per le attività lavorative stagionali. Tuttavia, al momento, non sono ancora state pubblicate le quote d’ingresso. E i tempi stringono.
Secondo i numeri di Coldiretti, c’è urgente bisogno di 35.000 lavoratori per le occupazioni agricole stagionali della primavera che sta per arrivare. Ed è urgente un intervento politico per sbloccare al più presto la situazione. Questo il comunicato stampa di Coldiretti: nelle campagne servono almeno 35mila lavoratori stagionali extracomunitari da autorizzare subito con la pubblicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la definizione delle quote di ingresso per lavoro stagionale, in ritardo di quasi due mesi. C’è allarme per la prossima campagna di raccolta primaverile, che rischia di saltare in assenza dell’indispensabile manodopera extracomunitaria. Considerati i tempi tecnici, pubblicare al più presto il Decreto per autorizzare le assunzioni in tempi brevi ed attraverso procedure trasparenti, veloci e semplificate, premia la virtuosità delle imprese regolari e viene a costituire, come dimostrato dai fatti, un importante ‘volano’ di legalità sul territorio. Uno strumento di discrimine tra volontà di esercitare attività di impresa in piena legittimità ed un agire irregolare od anche criminale trincerato da scusanti pretestuose quale appunto la mancata o ritardata pubblicazione. Non è da dimenticare che solo disponendo in tempi brevi delle quote per lavoro stagionale potrà pienamente dispiegare i propri effetti positivi anche l’importante lavoro di ridisegno normativo delle procedure di ingresso per lavoro stagionale operato con il recente decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5 (semplificazione e sviluppo), che di fatto recepisce quanto contenuto negli Avvisi Comuni in materia di lavoro e previdenza in agricoltura del 23 giugno 2009 e del 24 gennaio 2012. La presenza dei lavoratori stranieri impegnati nelle campagne italiane è salita a quota 112.515 unità, da 149 diversi paesi, e oggi la forza lavoro estera rappresenta quasi il 9,54 per cento del totale impiegato in agricoltura. In altre parole: nei campi quasi un lavoratore su dieci è straniero. Tra gli stranieri nelle campagne prevale la presenza dei lavoratori neo-comunitari di provenienza principalmente rumena, slovacca e polacca. Tra quelli extracomunitari si stabilizza invece il numero di albanesi e cittadini dell’ex Jugoslavia, mentre aumentano gli asiatici (India) e nordafricani (Marocco). Sono molti i ‘distretti agricoli’ dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti in Lombardia dove a svolgere l’attività di ‘bergamini’ sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia. La presenza di lavoratori immigrati è divenuta indispensabile anche per le produzioni di qualità: dagli allevamenti dei bovini di razza piemontese a quelli delle vacche per il parmigiano reggiano dove quasi un lavoratore su tre è indiano, e i lavoratori extracomunitari sono diventati decisivi nella raccolta delle mele della Val di Non, nella produzione del prosciutto di parma e della mozzarella di Bufala, e nella raccolta delle uve destinate al Brunello di Montalcino”.
(Luigi Torriani)