L’ondata di maltempo di fine gennaio e inizio febbraio ha messo in ginocchio l’agricoltura italiana. Coldiretti e Confagricoltura parlano di un danno che ha già superato i 500 milioni di euro per l’intera filiera dell’agroalimentare italiano. Con 100.000 tonnellate di cibo andato distrutto, black out elettrici che hanno mandato in tilt le aziende agricole, piantagioni gelate, centinaia di animali morti, crollo delle stalle e un drastico calo della produzione di latte e uova.
Si parla prima di tutto (dati Coldiretti) di circa 100.000 tonnellate di prodotti alimentari che sono andati distrutti per tre cause di fondo: il black out elettrico che ha spento i frigoriferi e gli impianti, la neve che ha bloccato le consegne alle aziende agricole e il ritiro dei prodotti, il gelo che ha ghiacciato le coltivazioni in campo e i prodotti già fermi nei magazzini. L’ennesima tegola nel Paese degli sprechi, dove altre 100.000 tonnellate di cibo sono andate disperse nelle scorse settimane a causa dello sciopero dei tir. Il black out elettrico ha creato difficoltà soprattutto nelle aziende del Centro Italia, dove la sospensione dell’energia elettrica ha toccato 160.000 utenze tra Lazio, Abruzzo, Molise e Campania. I maggiori problemi nella distribuzione hanno riguardato i prodotti deperibili come latte, carne, uova, frutta e verdura, e con l’arrivo del maltempo anche al Sud si sono praticamente dimezzati i raccolti di cavoli, verze, cicorie, carciofi, radicchio e broccoli. La neve e il gelo hanno creato problemi enormi anche agli allevamenti, dove in alcuni casi sono saltati gli impianti di mungitura e di distribuzione del cibo e dell’acqua e si sono verificati ritardi e omissioni nell’approvvigionamento dei mangimi.
Tutto questo in una situazione in cui i coltivatori e gli allevatori hanno dovuto fare i conti con una bolletta astronomica per il riscaldamento di serre e stalle, con danni strutturali agli edifici (decine di stalle ed edifici rurali crollati sotto il peso della neve), con piantagioni ghiacciate, con molte piante da frutto, ulivi e viti che sono morti per le temperature troppo basse, con migliaia di animali (mucche, pecore, cavalli, conigli, polli) che risultano morti, feriti o dispersi a causa del maltempo. In sintesi: si parla del 30% dei raccolti in campo aperto (cavoli, radicchio, carciofi, indivia e cicoria) che è stato bruciato dal gelo, del 5% delle piante (tra alberi da frutta, olivi e viti) che è stato distrutto, e di 10.000 animali morti tra mucche, pecore, cavalli, maiali e polli.
In particolare è stata segnalata nelle Marche una strage di agnellini, con aborti provocati dal freddo, mentre in Toscana il gelo ha fatto crollare del 10–20% la produzione di uova delle galline allevate a terra. In Molise un centinaio di pecore sono morte in diversi allevamenti, e molte altre risultano disperse al pascolo. In alcune stalle del Piemonte sono saltati gli impianti di mungitura delle mucche, mentre nel foggiano alcuni allevamenti di polli sono stati decimati per le difficoltà nei collegamenti stradali (e quindi nell’approvvigionamento di mangimi e di carburante per il riscaldamento degli impianti). In Lombardia negli allevamenti di suini la spesa per il gasolio da riscaldamento è cresciuta del 50% e in certi casi è quasi raddoppiata (dai 300 litri al giorno di inizio febbraio 2011 ai 500 litri al giorno di inizio febbraio 2012, dati Coldiretti). Inoltre a causa del freddo le mucche hanno ridotto in media del 15% la produzione di latte, con la raccolta che a livello nazionale si è ridotta di 4 milioni di litri al giorno. Nel caso degli allevamenti di pecore del Centro Italia il crollo della produzione di latte è peraltro ancora maggiore, ed stimato intorno al 30% (con il freddo l’animale mangia di più, consuma più energia per difendersi dalle basse temperature, e riduce quindi la produzione).
Fisiologico, in questo contesto, un aumento della spesa alimentare media degli italiani. Non solo e non tanto per l’aumento dei prezzi al consumo, che ha riguardato quasi esclusivamente gli ortaggi più colpiti dal gelo (+22,4% su base settimanale per il radicchio, +13-14% per l’indivia e i cavolfiori, +12% per i finocchi e i peperoni, con rincari che in assoluto sono comunque nell’ordine di qualche centesimo per chilogrammo). Alla base dell’aumento della spesa media c’è soprattutto il fenomeno del cosiddetto “accaparramento“, cioè della scorta preventiva di generi alimentari soprattutto nelle aree più colpite dal maltempo. Se il consumo di metano è salito del 30% nella prima settimana di febbraio rispetto allo stesso periodo del mese scorso, il budget per le spese alimentari è cresciuto del 10% in confronto agli stessi giorni di gennaio. Si parla di un esborso medio su base mensile di 50 euro in più a famiglia (dati Cia-Confederazione italiana agricoltori).
In Italia la spesa per gli alimentari è pari mediamente a 467 euro al mese per nucleo familiare. A febbario dovrebbe attestarsi sui 517 euro.
(Luigi Torriani)