Da anni l’agroalimentare italiano è attraversato da uno scontro senza esclusione di colpi tra la Gdo da una parte e la Coldiretti e gli agricoltori dall’altra. Due i nodi: il continuo calo dei prezzi all’origine, cioè dei ricavi dei produttori; i continui, cronici, ritardi nei pagamenti. Sul primo punto la battaglia è ancora aperta. Sul secondo – i termini e i tempi di pagamento – è la Gdo, per una volta, a dover abbassare la cresta.
L’aumento del divario tra il prezzo pagato al consumatore e il prezzo finale al consumatore è notoriamente uno dei problemi più gravi e urgenti dell’agricoltura italiana. Ed è un problema che ruota tutto intorno allo strapotere della Grande Distribuzione. Eclatante è il caso della frutta e della verdura, un vero e proprio paradosso del settore ortofrutticolo italiano più volte denunciato dalla Coldiretti. Il paradosso, in sintesi, è questo: mentre i consumatori pagano sempre di più la frutta e la verdura, al tempo stesso gli agricoltori devono fare i conti con entrate sempre più basse, fino ad arrivare in certi casi alla vendita sottocosto e alla rinuncia alla raccolta. Basti dire che nel 2011 le pesche e le nettarine sono state pagate al produttore agricolo la metà rispetto a quanto venivano pagate dieci anni prima. Un chilo di nettarine viene pagato all’agricoltore 34 centesimi, viene rivenduto dal grossista a 71 centesimi e finisce sui banchi dei supermercati a una media di 1,95 euro/kg, con punte addirittura di 3-4 euro. Tutto è legato evidentemente ai ricarichi pazzeschi nel corso della filiera, e in particolare all’atteggiamento predatorio e allo strapotere contrattuale della Gdo. E la situazione non riguarda soltanto il comparto ortofrutticolo. Un altro problema sempre più grave è quello del latte di pecora sottopagato, con gli allevatori che arrivano ormai a vendere a 70 centesimo un litro di latte che producono al costo di 85 centesimi. Una situazione folle che ha portato a una serie di proteste anche clamorose (come l’iniziativa della Coldiretti, che l’estate scorsa si è messa a regalare frutta e verdura nelle maggiori città italiane). I problemi, tuttavia, sono ancora sul tavolo e attendono di essere risolti.
Una buona notizia per gli agricoltori, e un colpo allo strapotere della Gdo, arriva però sulla questione dei tempi di pagamento. Da un’indagine D&B risulta che per tutta la grande distribuzione organizzata la media dei giorni di ritardo è di gran lunga superiore al dato medio nazionale (quello cioè di tutte le imprese italiane di tutti i settori), ed pari a ben 26 giorni contro 16. Per i supermercati e i grandi magazzini è da tempo una prassi corrente quella di gravare di oneri finanziari i fornitori. Solo il 36,5% dei pagamenti sono puntuali o con ritardi non superiori ai 15 giorni, mentre il 44% avviene con ritardi compresi tra i 15 e i 30 giorni e il 19,5 % con ritardi oltre i 30 giorni (mentre alla scala nazionale e per tutti i settori, Pa esclusa, i pagamenti effettuati con puntualità o con ritardi entro i 15 giorni sono il 64,8%, quelli con ritardi sino a 30 giorni il 23,2% e quelli con ritardi superiori ai 30 non più del 12%). Ancora: l’ufficio studi di Mediobanca ha elaborato un indice (Indice di durata dei debiti commerciali – Idd) che rappresenta un’approssimazione ai tempi medi di pagamento. Questo indice nel caso della Gdo è molto più alto del dato medio nazionale, ed è pari a 106 nel 2001 (quindi termini di pagamento pari a 106 giorni), a 91 nel 2007 e a 96 nel 2009. Tempistiche di pagamento bibliche che creano evidenti problemi di gestione per i fornitori.
Ma la situazione è destinata a cambiare. Il Decreto legge sulle liberalizzazioni, nella parte proposta dal Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania sul sistema agroalimentare, prevede tra le altre cose che i contratti di fornitura per i prodotti agroalimentari dovranno essere formulati per iscritto sulla base di condizioni più trasparenti e che i pagamenti devono essere effettuati entro 30 giorni per i prodotti alimentari deperibili e 60 giorni per gli altri. Così come era stato stabilito da una direttiva europea di fine 2010 (da recepirsi per gli Stati membri entro 24 mesi), che fissava le condizioni di pagamento in 30 giorni, prorogabili fino a 60 nei contratti tra le parti o anche oltre purchè non vi siano condizioni inique per il debitore. “Finalmente si è intervenuti per contenere lo strapotere della grande distribuzione nei confronti degli agricoltori, che sono spesso costretti a subire forti condizionamenti nella fornitura dei prodotti agroalimentari”, è il commento di Coldiretti nell’apposito comunicato stampa.
(Luigi Torriani)
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