L’esasperazione per l’aumento ormai insostenibile dei prezzi del carburante accomuna in queste settimane gli agricoltori, i pescatori (già colpiti dall’introduzione dell’Iva sul gasolio) e gli autotrasportatori. Ma lo sciopero dei tir rompe in partenza la possibilità di fare fronte comune. La Coldiretti, in particolare, è infuriata, e fa i conti dei danni causati dalla protesta. Si parla di 100.000 tonnellate di cibo sprecato e di 200 milioni di euro di danni per la filiera agroalimentare.
“La situazione di difficoltà dell’economia è reale e riguarda l’autotrasporto come l’agricoltura. Ma la crisi con queste azioni rischia di aggravarsi, e occorre agire con responsabilità per evitare una guerra tra poveri che non è certo utile in questo momento per il Paese”. Questi – in sintesi – la posizione espressa da Coldiretti nel comunicato stampa di commento allo sciopero dei tir. Uno sciopero che ha determinato, secondo i dati diffusi di Coldiretti, “oltre 100.000 tonnellate di frutta, verdura, fiori e latte buttati o rovinati, 200.000 ore di lavoro perse nella raccolta, magazzinaggio e lavorazione dei prodotti, e 200 milioni di euro di danni nella filiera agroalimentare”. Numeri impressionanti che oltre all’evidente impatto economico hanno anche un risvolto morale. Pochi mesi fa la stessa Coldiretti ha diffuso i risultati di un’analisi su povertà e sprechi alimentari in Italia dalla quale risulta che quello degli sprechi è uno dei massimi problemi della filiera agroalimentare italiana e che riducendo gli sprechi di cibo anche soltanto del 20% si potrebbero coprire abbondamente le esigenze alimentari degli 8 milioni di poveri che secondo i dati Istat vivono nel nostro Paese (senza dover sempre e solo poggiare sulla carità della Chiesa cattolica e senza bisogno di arrivare alla criticatissima soluzione britannica di prolungare i termini di scadenza degli alimenti). In questo contesto lo sprerpero enorme di cibo causato dallo sciopero dei tir è la classica goccia che fa traboccare il vaso, e che fa infuriare chi come la Coldiretti si batte da anni per contenere al mi minimo gli sprechi della filiera agroalimentare.
E c’è anche dell’altro. In un Paese in cui l’88% delle merci circola su strada, e dove ogni giorno viaggiano con tir e camion circa 525.000 tonnellate di prodotti agricoli e alimentari, uno sciopero prolungato dei tir crea evidenti problemi anche ai negozi, alla Gdo e quindi ai consumatori. I prezzi della frutta e degli ortaggi in certi casi sono arrivati ad aumentare del 50%, le speculazioni al consumo sui prezzi sono sempre in agguato, e i consumatori in una settimana hanno tagliato del 30% gli acquisti di frutta e verdura, talvolta perfino mancante dagli scaffali dei supermercati. Infine, oltre al danno economico immediato, secondo Coldiretti c’è un probabile danno economico futuro dello sciopero dei tir, “dovuto al fatto che le produzioni di paesi concorrenti come la Spagna nell’ortofrutta o l’Olanda per i fiori hanno sostituito per giorni e rischiano a questo punto di continuare a sostituire il Made in Italy sugli scaffali della grande distribuzione europea. Ovunque si segnala un preoccupante calo degli ordinativi dall’estero e difficoltà per gli agricoltori, che oltre alla perdita per il prodotto deprezzato o svenduto sono costretti ad accollarsi anche il costo dello smaltimento dei prodotti non più commercializzabili”.
Nel frattempo Coldiretti ha promosso, nel corso dello sciopero, la mobilitazione “Coraggio Italia!”, “per sostenere la spesa degli italiani in un difficile momento di crisi, per denunciare il grave danno subito dagli agricoltori e per contrastare le speculazioni sui prezzi di vendita dei prodotti”. Gli imprenditori agricoli che hanno aderito alla mobilitazione hanno regalato ai pensionati italiani e alle famiglie in difficoltà frutta, verdura, uova e latte rimasti bloccati nelle aziende agricole e nei magazzini a causa dello sciopero dei tir. Sono stati distribuite centinaia di quintali di frutta e verdura e decine di migliaia di litri di latte e migliaia di uova a Milano, a Torino (Moncalieri), a Venezia, a Bologna, a Roma, a Napoli, a Bari, e in diversi capoluoghi della Calabria (Reggio, Cosenza e Lamerzia Terme).
(Luigi Torriani)