Sono giornate di festa per Coldiretti, per Greenpeace e per tutti i nemici degli Ogm. A sorpesa la multinazionale tedesca Basf – da anni bestia nera degli ambientalisti europei – ha infatti annunciato in un comunicato stampa che abbandonerà qualsiasi piano di sviluppo e commercializzazioni di colture Ogm in Europa, per concentrarsi esclusivamente sul mercato americano, decisamente più aperto agli organismi geneticamente modificati rispetto a quello europeo. Felicemente orfani degli Ogm, a questo punto non ci resta che il Superpomodoro italiano…
È da anni che la multinazionale Basf è impegnata in un braccio di ferro con l’Unione Europea sugli Ogm. Nel marzo del 2010 era riuscita a ottenere il via libera della Commissione Europea alla coltivazione della patata ogm Amflora (priva di amilosio, non destinata all’alimentazione umana ma ad uso industriale, per esempio in cosmetica, industria della carta e industria tessile), dopo un lunghissimo e travagliato iter iniziato nel 2003. Poi è stata la volta delle patate Fortuna, le cosiddette patatine fritte Ogm, che sono tuttora (erano, a questo punto) in attesa dell’approvazione della Ue, con una commercializzazione che era comunque prevista non prima del 2014.
Oggi, a sopresa, il passo indietro della Basf, il cui dirigente Stefan Marcinowski spiega: “Siamo ancora convinti del fatto che le biotecnologie saranno fondamentali per il XXI secolo, ma non sono sufficientemente accettate dalla maggior parte dei consumatori, degli agricoltori e dei dirigenti europei. Non ha quindi senso dal punto di vista economico continuare a investire nei prodotti che dovrebbero essere coltivati esclusivamente in questo mercato”.
Immediata l’esultanza della Coldiretti, affidata a questo comunicato stampa: “Con la decisione di rinunciare allo sviluppo e alla commercializzazione di nuovi prodotti transgenici (ogm) destinati all’Unione europea, la società tedesca Basf prende giustamente atto della crescente opposizione della maggioranza dei cittadini europei che in quasi due casi su tre (61%) si sono detti molto contrari ai cibi geneticamente modificati. Si prende finalmente atto che gli Ogm spingono verso un modello di sviluppo omologante che non si adatta all’agroalimentare europeo, che è vincente solo se punta sulla distintività. Un comportamento che non potrà non essere presto seguito anche dalle altre multinazionali, come dimostra il calo della superficie coltivata a Ogm in Europa che si è progressivamente ridotta negli ultimi anni fino ad appena 91.643 ettari (2010), mentre su un totale di 27 paesi dell’Unione Europea solo in 6 è stato coltivato mais Ogm (Spagna, Romania, Slovacchia, Portogallo, Polonia, e Repubblica Ceca). Sono invece solo 450 gli ettari coltivati con patata amflora da seme che è presente solo in tre paesi (Germania, Svezia e Repubblica Ceca)”.
Felicissimi, naturalmente, anche a Greenpeace, dove si brinda per la “fuga” della Basf. Questo il comunicato stampa: “BASF ha dovuto ammetterlo: agli europei gli OGM non piacciono. Ieri, è arrivato l’annuncio ufficiale dell’azienda che sta abbandonando i piani per sviluppare e commercializzare colture OGM in Europa. Una fuga, questa, decisa dopo una lunga serie di sconfitte non solo europee. Nel 2011, l’India ha respinto l’autorizzazione della melanzana OGM, l’unico alimento transgenico per il quale era stata chiesta l’autorizzazione; nel settembre 2011 la Cina ha sospeso la commercializzazione di riso OGM, mentre Filippine e Thailandia hanno respinto riso geneticamente modificato. Tra i flop della BASF anche la sua patata OGM resistente agli antibiotici, Amflora, una delle uniche due colture OGM autorizzate per la coltivazione in alcuni paesi europei. Una coltivazione biotech che si è rivelata un vero e proprio fallimento commerciale. Oggi, oltre il 90 per cento degli OGM a uso alimentare viene coltivato in soli quattro paesi del continente americano. Anche BASF punta all’America, che sembra essere rimasta l’unica a non abbandonare la strada del geneticamente modificato. Strana scelta, viste le numerose ragioni per dire no agli OGM. Parliamo di colture che vanno a braccetto con l’agricoltura di stampo industriale, l’uso di pesticidi, la resistenza a infestanti e parassiti; hanno rese deludenti sul lungo periodo, senza contare le preoccupazioni per i rischi sanitari. Gli europei lo hanno capito. Ora tocca agli americani“.
(Luigi Torriani)