Cresce l’impatto del caro carburanti sull’agroalimentare. Già a novembre era scattato l’allarme, con danni che venivano quantificati in oltre 200 milioni di euro. Oggi, con la benzina a 1,75 euro al litro, le stime della Coldiretti parlano di una stangata da 400 milioni di euro per gli agricoltori italiani. Con costi in aumento spropositato sia nei campi, sia nelle serre, sia nei trasporti e nelle fasi successive della filiera. Ma davvero il caro carburanti porta solo problemi all’agricoltura? In realtà – secondo Coldiretti – l’aumento dei costi di trasporto nell’agroalimentare italiano potrebbe anche portare con sè una inaspettata conseguenza positiva.
I dati diffusi dalla Coldiretti disegnano a prima vista uno scenario drammatico che non lascia spazio a molte interpretazioni. Nell’ultimo anno il costo dei carburanti agricoli è aumentato del 58%. Il che significa che per arare un campo di medie dimensioni un agricoltore italiano deve spendere oggi 150 euro in più rispetto a quanto spendeva un anno fa. Chi semina deve fronteggiare un rincaro di 120 euro, e lo stesso vale per la trebbiatura dei cereali e per lo spandimento del letame. I trattamenti costano da 32 a 64 euro in più a seconda del tipo di coltura. L’aumento dei costi per chi usa la vendemmiatrice è di quasi 400 euro. E oltre all’incremento dei costi nell’utilizzo di macchine agricole e trattori, il caro petrolio incide sul settore agricolo anche per quanto riguarda il carburante necessario per essiccare i foraggi (destinati all’alimentazione degli animali) e per il riscaldamento delle stalle e delle serre (fiori, piante ornamentali, ortaggi, funghi).Si parla di oltre 30.000 ettari di coltivazioni specializzate in serre, che utilizzano il diesel per il riscaldamento. Poi c’è l’aspetto dei trasporti. In Italia l’86% delle merci viaggia su strada, e un pasto – secondo le stime di Coldiretti – “percorre in media quasi 2.000 chilometri prima di giungere sulle tavole”. L’aumento vertiginoso del prezzo dei carburanti rischia quindi di determinare “un effetto valanga“, con un aumento dei costi lungo tutta la filiera (produzione, trasformazione, conservazione, trasporto), e infine con una crescita del prezzo finale al consumatore.
Ma c’è anche una probabile conseguenza del caro carburanti che è apprezzata da Coldiretti, da sempre in prima linea nella battaglia per il Made in Italy e per l’accorciamento delle filiere agroalimentari: la possibilità di crescita per i mercati locali e per i prodotti a a km zero. Che non hanno il problema del trasporto e che quindi dovrebbero riuscire a contenere maggiormente i prezzi (e dunque a vendere di più) rispetto alle merci di importazione. Spiega Coldiretti in un comunicato stampa: “l’aumento record del costo di benzina e gasolio ha favorito una crescita boom del 20% negli acquisti di prodotti alimentari a chilometri zero, che non devono percorrere lunghe distanze prima di essere consumati. E’ quanto emerge da una prima analisi della Coldiretti, dalla quale si evidenzia che un lato positivo dei rincari nei carburanti è la spinta, in controtendenza rispetto all’andamento generale dei consumi, agli acquisti diretti dai produttori agricoli in azienda o nei mercati di Campagna Amica (farmers market) dove hanno fatto la spesa ben oltre 8 milioni di italiani nel 2011. In Italia l’86% delle merci viaggia su strada, ed è evidente l’effetto valanga sui prezzi dei prodotti in vendita a seguito dell’aumento dei costi di produzione e trasporto nel caso in cui aumentano le intermediazioni. L’incidenza del caro gasolio sui prezzi finali degli alimentari aumenta maggiormente quanto piu’ lungo è il trasporto e quindi per i prodotti importati, per le merci piu’ deperibili e per quelle che hanno un basso valore per volume come la frutta e la verdura, dove carburanti, trasporti e logistica incidono complessivamente per circa un terzo sui costi. Con il nuovo anno sono saliti a oltre 5300 i punti vendita ed i mercati degli agricoltori accreditati da Campagna Amica in Italia, dove è possibile fare la spesa a chilometri zero senza intermediazioni dal campo alla tavola. Nei farmers market non si trova solo il miglior rapporto tra prezzo, freschezza e qualità, ma vengono anche contenuti gli sprechi di imballaggi, con l’offerta ad esempio di latte sfuso. Inoltre sono banditi gli ogm e sono spesso messi a disposizione servizi di vendita a domicilio e offerte speciali per i gruppi di acquisto solidale (Gas), formati da condomini, colleghi, parenti o gruppi di amici che decidono di fare la spesa insieme per ottenere condizioni vantaggiose ma soprattutto per garantirsi la qualità di quanto portano in tavola. Un fenomeno che coinvolge anche molti chef, che nei loro ristoranti vogliono offrire menu freschi e genuini a chilometri zero. I prodotti più acquistati nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica sono nell’ordine la verdura, la frutta, i formaggi, i salumi, il vino, il latte, il pane, le conserve di frutta, la frutta secca, i biscotti e i legumi”.
(Luigi Torriani)