L’Italian sounding, cioè l’evocazione di una (falsa) italianità in prodotti che non hanno nulla a che vedere con l’Italia (Pamesan, Regianito, Napoli Tomato, Daniele Prosciutto, Cambozola, Prosec…) è uno dei massimi freni all’export del Made in Italy enogastronomico di qualità (si parla di un danno di oltre 50 milioni di euro). L’entrata in vigore di un nuovo accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti riconosce una tutela rafforzata al Prosecco, che nel frattempo vola sul mercato Usa.
Il Prosecco è uno dei vini in maggiore crescita, specie sul fronte dell’export (la produzione è destinata solo per il 40% al consumo interno, dato peraltro conforme a una generale, recente, tendenza del vino italiano che vede un sorpasso dell’export sul consumo interno). Il 2011 è stata un’annata da record, con 1.500.000 ettolitri e circa 200 milioni di bottiglie di prosecco prodotte (+29% rispetto al 2010). Più in generale il 2011 è stato un anno da record per il vino italiano, che è diventato il più bevuto nel mondo davanti alla Francia. E lo spumante ha mostrato nell’ultimo anno una relativa tenuta di fronte alla crisi. Il Prosecco è però anche uno dei vini più imitati e contraffatti al mondo, uno dei prodotti più esposti ai danni economici legati al fenomeno dell’Italian Sounding. Negli Stati Uniti sono diversi i vini in commercio che riportano impropriamente il nome Prosecco, e nei mesi scorsi il produttore Gianni Zonin ha scoperto e denunciato delle bottiglie di “prosecco” made in Brasil. Ma c’è anche il “prosecco” australiano e persino il “prosecco” della Nuova Zelanda (il Toi Toi Prosecco, venduto a pochi spiccioli nei discount neozelandesi), scovato e denunciato di recente dagli imprenditori veneti Battistella.
Qualcosa tuttavia sta cambiando, nella lotta contro l’Italian Sounding. Sia a livello di normativa europea in materia di etichettature (contro le imitazioni), sia – fatto epocale – nelle leggi degli Stati Uniti. È entrata infatti in vigore la “Notifica di modifica degli allegati dell’accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America sul commercio del vino” riguardante la denominazione di origine Prosecco (Prosecco Doc e superiore Docg), alla quale viene riconosciuta una tutela rafforzata sul mercato americano. Si tratta in sostanza di un nuovo accordo bilaterale sul commercio del vino stipulato tra la Comunità europea e gli Usa. In base a questo accordo le autorità americane sono tenute ad adottare provvedimenti per garantire che i vini che riportano impropriamente il nome Prosecco non vengano immessi sul mercato, e se già immessi sul mercato sono tenute a ritirarli immediatamente dal commercio. Nel frattempo – da una analisi della Coldiretti, sulla base dei dati relativi ai primi otto mesi dell’anno – le bottiglie di spumante Made in Italy esportate nel 2011 negli Stati Uniti risultano in aumento del 31%. Mentre l’export sale in generale del 24%, trainato dal prosecco, che rappresenta oltre la metà dello spumante prodotto in Italia.
Unanime il plauso degli operatori di settore, che quasi non se l’aspettavano. Secondo Fulvio Brunetta, presidente del Consorzio di tutela, “si tratta di un risultato che va oltre ad ogni nostra più rosea aspettativa. È il risultato di un lavoro intenso che durava da mesi e che abbiamo dovuto gestire con accortezza. Alla fine, lo posso dire con orgoglio, ce l’abbiamo fatta. Un risultato che va ascritto a un sistema che dall’ambito locale ha visto impegnati tutti i soggetti istituzionali, dalle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, al ministero delle Politiche agricole, fino agli organismi comunitari. Penso che sia uno di quei momenti in cui posso sostenere con forza il ruolo e l’importanza della Comunità Europea e della Commissione nello specifico. Il risultato non era per nulla scontato, basti pensare che lo Champagne, pur inserito nella lista, non gode, ingiustamente a nostro avviso, delle stesse tutele del Prosecco. Il mercato americano rappresenta uno degli sbocchi più importanti sullo scenario internazionale che non mancherà di assicurare soddisfazioni alle nostre case spumantistiche. Un buon viatico per il premio che nel mese di gennaio andremo a ritirare a New York come regione vinicola dell’anno. Gli imprenditori veneti Battistella parlano di “un momento storico per tutta l’enologia Made in Italy! Un importante traguardo che lascerà il segno nella storia del Prosecco”. E i produttori trevigiani, dalle pagine di proseccobattistella.com, dichiarano: “con oltre 1.500.000 ettolitri e circa 200 milioni di bottiglie prodotte nell’annata 2011, il Distretto del Prosecco si conferma in Europa tra le più importanti realtà economiche, sia per il volume, che per il valore dell’intero comparto. Per tutelare e valorizzare ulteriormente l’intera filiera, molto si deve ancora fare a livello consortile e sul piano politico, ma di certo questo provvedimento rappresenta una pietra miliare per la storia di un grande vino amato e copiato, malamente, in tutto il mondo. A nome di molti imprenditori, ‘grazie Presidente del Consorzio Fulvio Brunetta per il lavoro fatto fino ad oggi!”. Questo, infine, il commento del ministro per le Politiche agricole Mario Catania: “il riconoscimento che con il nuovo accordo riceverà il Prosecco negli Stati Uniti è un risultato importante per tutto il sistema legislativo che tutela la qualità delle nostre denominazioni. La protezione dei nostri marchi è la condizione necessaria per supportare il lavoro quotidiano dei produttori, in particolare sul piano internazionale. L’export di vino italiano rappresenta, con il +13% registrato nel 2011, una voce di straordinaria importanza, sulla quale siamo costantemente impegnati. Gli Stati Uniti costituiscono uno sbocco strategico per i nostri vini di qualità, come accade anche per il Prosecco. Salvaguardare le nostre denominazioni consente al produttore di vedere tutelato e riconosciuto il valore del proprio lavoro, al consumatore di avere uno strumento garantito ed affidabile di certificazione della qualità. Continueremo perciò a far conoscere il sistema vino italiano in tutto il mondo, anche per limitare e debellare fenomeni di abuso fraudolento dei nostri marchi, che spesso si traducono nel cosiddetto Italian sounding“.
(Lugi Torriani)