È partito in questi giorni GeniusOlei, un progetto promosso da Coldiretti, Fondazione Symbola e Unaprol (Unione nazionale produttori olivicoli) che ha lo scopo di promuovere una maggiore conoscenza dell’olio e di rilanciare sul mercato gli oli di pregio e le migliori eccellenze Made in Italy del settore. Nel frattempo, tra oli ammuffiti spacciati per extravergine e oli stranieri venduti come italiani, le frodi e le contraffazioni proseguono su scala sempre più ampia.
Un primo problema è quello del falso Made in Italy, dell’olio straniero presentato come italiano. Una inganno talvolta assoluto (l’olio è straniero o è una miscela di oli italiani e stranieri ma viene etichettato come italiano al 100%), talvolta più subdolo. Sul fronte degli inganni assoluti nei giorni scrosi c’è stata l’operazione The Good of Italy della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Taranto, che ha scoperto olio di oliva destinato alla spedizione all’estero che riportava etichette con false indicazioni per ingannare il consumatore finale giapponese sulla provenienza “italiana” del prodotto. Nel caso degli inganni subdoli il problema ruota attorno alla questione delle etichette illeggibili. Dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009, per legge è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza delle olive impiegate. Pecato che secondo un’indagine della Coldiretti tra le bottiglie di olio extravergine che contengono miscele di diversa origine in quattro casi su cinque la provenienza delle olive è praticamente illeggibile. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere e vendute nei supermercati di fatto è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”. La scritta è infatti spesso riportata in caratteri piccolissimi, nascosti dietro la bottiglia e in posizioni dell’etichetta studiate per essere il meno possibile visibili. Nel frattempo si pratica il più spudorato italian sounding, con marchi italiani e immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità e che sono collocati nella massima evidenza.
“I consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente”, ha commentato Coldiretti. Che insieme a Symbola e a Unaprol chiede al neoministro delle Politiche Agricole Mario Catania di accelerare l’iter del decreto sulle dimensioni dei caratteri e sul posizionamento delle diciture, firmato quasi quattro mesi fa e non ancora pubblicato. D’altronde basterebbe incrociare un paio di dati per rendersi conto dell’entità del fenomeno dell’olio straniero spacciato per italiano. L’Italia risulta il secondo produttore mondiale di olio dopo la Spagna (500.000 tonnellate, di cui il 60% venduto come extravergine, con in testa Puglia e Calabria, che forniscono rispettivamente il 35% e il 33% della produzione nazionale), ma al tempo stesso è il principale importatore mondiale di olio d’oliva (470.000 tonellate all’anno, spesso miscelate alla produzione nazionale).
Per evitare inganni il consiglio di Coldiretti, Symbola e Unaprol è di guardare con diffidenza ai prezzi eccessivamente bassi di molti oli venduti nei supermercati. Prezzi che – qualora si trattasse di olio Made in Italy al 100% – non riuscirebbero a coprire nemmeno il costo delle olive. E infatti non si tratta di oli italiani ma di oli stranieri o di miscele di oli italiani e stranieri. Nel peggiore dei casi si tratta di olio deodorato spacciato per olio extravergine, che se scoperto viene sequestrato, come è avvenuto tempo fa in un’azienda di Forlì (9.000 litri di olio di oliva deodorato destinato alla ristorazione sequestrati dal Nac, Nucleo antifrodi dei carabinieri). Si tratta in sostanza di olio straniero di scarsissima qualità, con metodi di coltivazione superintensivi, e con un successivo lavaggio chimico – la deodorazione – che non è ammesso per l’extravergine.
La regola di base è questa: un buon olio extra vergine di oliva prodotto al 100% con olive italiane mediamente non dovrebbe costare meno di 6 euro al litro, anche al supermercato. Le cifre all’origine sono infatti le seguenti: 3,53 euro al litro per un buon olio extra vergine già lavorato e disponibile per la vendita in un frantoio in Puglia, 3,64 euro in Calabria, 4,67 euro in Sicilia, e 5,80 euro al centro nord. A questo prezzo di base vanno poi aggiunti i costi di confezionamento per la bottiglia, per l’etichettatura, per il tappo, l’imballaggio, il trasporto, (totale 0,74 euro). Seguono poi 0,76 euro per i costi di commercializzazione (che comprendono le spese di marketing, gli annunci, i messaggi pubblicitari, la grafica e la distribuzione alla rete vendite). Infine c’è il ricarico del punto vendita, che mediamente è di 0,62 euro a bottiglia. Si arriva così alla cifra di 5,62 euro, a cui va aggiunta l’Iva del 4%. Il prezzo finale deve quindi quantomeno sfiorare i 6 euro, e in pratica dovrebbe oltrepassarli se si considerano gli ovvi margini di profitto che deve conseguire l’azienda che produce l’olio.
Un altro problema riguarda la presenza di muffe e alterazioni nell’olio. Dalla prima indagine sulla qualità degli oli di oliva in vendita in Italia effettata da Coldiretti, Symbola e Unaprol, in occasione della presentazione del progetto “GeniusOlei”, emerge che il 16% delle bottiglie in commercio in Italia contiene olio derivante da olive alterate e l’8% addirittura rancido. Inoltre l’analisi organolettica sui campioni di olio vergine ed extravergine di oliva prelevati nei supermercati ed esaminati (da parte del panel costituito dall’Agenzia delle dogane) ha segnalato la presenza di muffe in oltre il 40% delle bottiglie in vendita. Piu’ della metà delle bottiglie di olio esaminate dovrebbero quindi come minimo essere declassate e non non vendute come olio extravergine.
Questo il commento del presidente della Coldiretti Sergio Marini: “è scandaloso che in un Paese come l’Italia, che ha conquistato primati mondiali nella qualità dell’extravergine, i cittadini siamo costretti a consumare con l’inganno prodotti scadenti che potrebbero anche mettere a rischio la salute. Vale la pena di impegnarsi nell’intensificazione dei controlli anche sulle grandi marche nell’interesse dei consumatori e di quello dei tanti olivicoltori colpiti duramente dalla contraffazione. Anche perché si tratta di un settore strategico per l’economia, il Made in Italy, il turismo e l’ambiente, a protezione del rischio di dissesto idrogeologico”.
Queste le parole del presidente di Uniprol Massimo Gargano: “l’alta qualità dell’olio extra vergine di oliva italiano è ferma ai box. Una sorta di Formula 1 al contrario dove sullo scaffale competono oli chimicamente perfetti che però al profilo sensoriale risultano difettati, in alcuni casi ex vergini spacciati per extra vergini, per lo più taroccati dal punto di vista dell’origine del prodotto. GeniusOlei rappresenta un nuovo inizio per sconfiggere l’imbroglio che è presente sullo scaffale italiano e che oggi senza un’adeguata campagna di informazione dei consumatori rischia di far prevalere i più furbi prestigiatori e non i migliori oli I.O.O.% di alta qualità italiana”.
Queste le dichiarazioni di Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola: “per l’olio è importante seguire la stessa strada che da anni è stata intrapresa con successo nel settore vinicolo. Puntare sulla qualità più che sulla quantità, sul legame con i territori e sulle eccellenze che questi custodiscono. E’ questa la via per essere più forti in Italia e nel mondo e per combattere anche la concorrenza sleale e le sofisticazioni che insidiano l’olio italiano. Il progetto che oggi vogliamo lanciare è quello di una campagna di promozione, conoscenza e tutela della qualità nella filiera produttiva dell’olio. Una strategia fondamentale, soprattutto nella crisi che stiamo attraversando, per difendere e far crescere uno dei prodotti più famosi del Made in Italy”.
(Luigi Torriani)