La multinazionale tedesca Basf ha presentato richiesta all’Unione Europea per la coltivazione e la commercializzazione di una patata geneticamente modificata chiamata Fortuna. Sarebbe la prima patata ogm destinata all’alimentazione umana. In attesa dell’eventuale assenso dell’Ue e dell’introduzione sul mercato della patata (prevista per il 2014), un’indagine Coldiretti/Swg conferma lo scetticismo e le paure degli italiani nei confronti dei cibi ogm.
La multinazione della chimica Basf non è nuova a queste trovate. Nel marzo del 2010 aveva già ottenuto il via libera della Commissione Europea alla coltivazione della patata ogm Amflora, dopo un lungo e travagliato iter iniziato nel 2003. La decisione della Commissione europea (accompagnata dall’autorizzazione al commercio di tre varietà di mais ogm) metteva fine alla moratoria europea sugli ogm introdotta nel 1998, scatenando le ire delle associazioni ambientaliste. Si trattava e si tratta, tuttavia, di una patata non destinata all’alimentazione umana.
Amflora è una patata completamente priva di amilosio, avendo disattivato il gene che produce l’enzima responsabile della sintesi dell’amilosio stesso. L’amilosio è uno dei due componenti dell’amido della patata. L’altro è l’amilopectina. Entrambi sono polimeri del glucosio ma hanno caratteristiche diverse, e ad essere interessante dal punto di vista industriale è esclusivamente l’amilopectina, che è un addensante. L’amflora, patata ad alto contenuto di amido senza amilosio, viene quindi utilizzata in ambito industriale, come materiale di partenza in cosmetica, nell’indfustria della carta, nell’industria tessile e in altri settori. Viene inoltre utilizzata nel mangime degli animali, il che non dovrebbe comunque comportare rischi per la salute umana perché il processo di metabolizzazione da parte degli animali non dà luogo a residui di ogm nei prodotti derivati (latte, carne, uova, formaggi). Amflora non sembra invece indicata per la diretta alimentazione umana, dato che contiene un gene modificato che è resistente a un importante antibiotico.
La patata Fortuna è stata invece appositamente studiata per essere immessa nel normale mercato dell’agroalimentare. La patata è ottenuta attraverso il trasferimento di due geni che la proteggono dalla peronospora, una malattia che fa marcire i tuberi e riduce ogni anno del 20% la quota di patate commestibili (e che è stata la causa principale della grande carestia che ha colpito l’Irlanda a metà Ottocento). Fortuna riveste quindi un evidente interesse economico, e non ha – secondo Basf – alcuna controindicazione per la salute umana. È già stata ribattezzata la patatina fritta ogm perché è una variante chimica della patata Fontane, uno dei tipi di patata più utilizzati per la produzione delle patatine fritte, in particolare nell’ambito delle catene di fast-food.
La palla passa ora all’Unione Europea, con tempistiche prevedibilmente lunghe. Si parla infatti di una commercializzazione non prima del 2014. Nel frattempo da un’indagine Coldiretti/Swg emerge che quasi 3 italiani su 4 non vogliono le patatine ogm sulle loro tavole. E più in generale: il 71% dei cittadini italiani che esprimono un’opinione sull’argomento ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati (ogm) siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.
Questo il commento di Coldiretti: “nonostante il rincorrersi di notizie miracolistiche sugli effetti benefici delle nuove modificazioni genetiche effettuate su animali e vegetali in laboratorio (dal supersalmone ad accrescimento rapido al riso ipervitaminico fino al latte materno da mucche transgeniche), rimane elevato il livello di scetticismo dei cittadini. La realtà è che gli ogm attualmente in commercio riguardano pochissimi prodotti (mais, soia e cotone) e sono diffusi nell’interesse di poche multinazionali senza benefici riscontrabili dai cittadini“.
(Luigi Torriani)