Italia, Paese di cuochi e Paese di ladri. Paese della buona cucina e Patria delle frodi alimentari. Frodi che secondo i dati presentati dal movimento FareAmbiente sono tutt’altro che in calo. Ma c’è chi guarda al bicchiere mezzo pieno: il fatto che gli scandali vengano alla luce significa che il sistema dei controlli in Italia tutto sommato funziona.
Poi è chiaro che l’abbondanza di frodi e di copie implica la presenza di un congruo numero di originali meritevoli di essere copiati o sofisticati. Cioè è una prova dell’eccellenza enogastronomica del nostro Paese. E del sempreverde e indefesso impegno dei furbi italioti di prezzoliniana memoria.
I dati del 2010 parlano di quasi 11 milioni e mezzo di prodotti contraffatti sequestrati in Italia dall’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Dogane. Poi ci sono i beni adulterati e sofisticati scovati dai Nac (Nucleo antifrodi carabinieri) per un valore di 22.559.266,43 euro, quelli scoperti dai Naf (Nucleo agroalimentare e forestale) per un totale di 1.525.021, e infine i beni sequestrati dai Nas (Nucleo antisofisticazioni) per un valore addirittura di 756.690.691 euro.
Varie dunque, e più o meno fantasiose, le frodi ai danni del consumatore. Alcune sono semplici “frodi commerciali”, non dannose per la salute. Sono i casi in cui – secondo l’articolo 515 del Codice Penale – nell’esercizio di un’attività commerciale avviene la “consegna all’acquirente di una cosa per un altra, o diversa da quella dichiarata o pattuita per origine, provenienza, qualità o quantità”. Il prodotto non è nocivo ma il profitto è illecito. Per esempio: si presenta una pasta, un olio o un formaggio come un prodotto Dop quando non lo è.
Situazione evidentemente tutt’altro che rara, visto che si stima che il 33% del cosiddetto “Made in Italy” sia prodotto con merci di importazione. Addirittura, secondo i dati del Forum internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione il 52,3% dei pomodori e delle passate di pomodoro di importazione sono cinesi e sono finiti per il 98% nella provincia di Salerno (pomodorro “campano”?). Poi ci si chiede, tra le altre cose, perché mai l’Italia nel 2010 abbia importato vino statunitense per 70.500 tonnellate, e il 94,8% di questo vino sia finito nella provincia di Cuneo. Barolo? Barbaresco? Glorie del Made in Italy? Mah…
Poi ci sono le vere e proprie frodi sanitarie, l’adullterazione, la contraffazione, la sofisticazione con additivi chimici, l’alterazione. In questi casi possono anche esserci dei rischi per la salute del consumatore. Qualche esempio? Vini con l’aggiunta di metanolo per aumentarne la gradazione, uova con una scadenza segnalata più lunga del consentito, pesce con anilina e ammoniaca per ravvivare il colore delle branchie o con acqua ossigenata per dare un aspetto brillante, pasta con semole avariate e coloranti, formaggio con gomme viniliche per renderlo più compatto, formaldeide nei formaggi duri per mascherarne i difetti di lavorazione. Come si faceva un tempo con il gesso nella farina. D’altronde non c’è nulla di nuovo sotto il sole, se si pensa che una vignetta satirica apparsa sul settimanale inglese Punch nel 1855 si presenta il seguente sketch: una bambina entra in una drogheria e chiede al negoziante: “mamma chiede un etto di tè della migliore qualità per uccidere i topi e mezzo etto di cioccolato per sterminare gli scarafaggi!”. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.
E le frodi naturalmente proseguono indefesse anche nel 2011. Per esempio nel solo mese di luglio in corso sono stati sequestrati, tra le altre cose, 23.000 chili di false cipolle di Tropea, cento quintali di formaggi e di pesci avariati in un’industria catanese, 250 chili di carne andata a male in un ristorante cinese di Milano, quindici quintali di cozze avariate a Chioggia e due tonnellate di carne macinata senza controlli e senza il rispetto delle regole in provincia di Reggio Calabria.
Ma come detto c’è chi si sforza di guardare perennemente al bicchiere mezzo pieno. Come l’onorevole Paolo Russo, presidente della Commissione agricoltura della Camera, il quale di fronte a simili numeri ha serenamente commentato: “è la prova che i prodotti italiani sono di grande qualità. Dovremmo essere orgogliosi di questi dati”. E cioè: il fatto che ci copiano utti e che noi stessi ci autocopiamo e autofalsichiamo in continuazione è la prova che abbondiamo di originali enogastronomici eccellenti e meritevoli di essere copiati e falsificati. Ragionamento che non fa una grinza sul piano logico. Non fosse che la gente si è da tempo francamente stufata di pagare sempre di più per acqusitare i prodotti di un “Made in Italy” che sempre più spesso non è affatto chiaro se sia cinese o americano o peggio ancora. Per tacere di mozzarelle blu e di carni avariate e decongelate di provenienza sudamericana spacciate per Igp.
(Luigi Torriani)