Quasi la metà degli italiani (il 45%) considera la pasta al pomodoro il simbolo gastronomico dell’unità d’Italia, l’alimento che più unisce il Sud, il Centro e il Nord del nostro Paese. Davanti al gelato, alla bruschetta e anche alla pizza (39% di preferenze). Ora è in arrivo per gli italiani un’importante novità: il superpomodoro. Che non è un Ogm, ma un prodotto di eccellenza del Made in Italy. Sul quale, tuttavia, alcuni avanzano seri dubbi.
Di solito l’aggettivo Super, preposto a un nome di cibo, indica un organismo geneticamente modificato. Come il super peperone inglese, il super salmone transgenico statunitense, le super zanzare per sconfiggere la malaria, la super trota iridea, la super patata, il super ananas, e via dicendo. Con annesso – perenne – dibattito – sui possibili rischi alimentari (e non solo) di questi superenti che finiscono sulle nostre tavole di conumatori sovente ignari (dato che siamo ancora in attesa di un obbligo legale a presentare tutte le indicazioni Ogm in etichetta).
Certamente non sono Ogm il superpomodoro e le passate di superpomodoro che da quest’estate possiamo acquistare sul mercato italiano con il marchio Pomì L+. Già nel 2010 si era parlato di “superpomodoro” per indicare un pomodoro nato da un incrocio naturale, sperimentato originariamente dal Cnr di Pozzuoli, tra due varietà di pomodori, il Black Tomato e il San Marzano. Il pomodoro che ne derivava risultava particolarmente ricco di vitamine A e C, e conteneva più antiossidanti, licopene e antocianine. Era quindi un pomodoro “super” anzitutto dal punto di vista della Salute, essendo tra gli alimenti naturali più indicati per prevenire i tumori (specie quello della prostata), per prevenire le malattie cardiovascolari e per proteggere dall’invecchiamento le cellule del nostro corpo. Il nuvo superpomodoro di cui si parla in questi giorni è stato invece ottenuto dopo anni di ricerche e di sperimentazioni che hanno consentito di individuare una varietà coltivabile sui terreni nazionali e dotata di un contenuto di licopene significativamente elevato e di qualità organolettiche particolarmente degne di nota. Con importantissimi effetti benefici – così si dice – sulla salute di noi consumatori.
Il prodotto è nato dal lavoro delle cooperative del Cio (Consorzio interregionale ortofrutticoli), e nel 2010 è stato coltivato in campo da una trentina di aziende agricole localizzate specialmente in Emilia Romagna e in Lombardia. Ed è stato presentato nella sede della Coldiretti con toni entusiastici. “Si tratta” – ha spiegato il presidente Sergio Marini – “di un successo tutto italiano perché risultato di una sperimentazione realizzata nei campi nazionali e coltivato, trasformato e venduto dalle cooperative del Consorzio interregionali orofrutticoli e del Consorzio Casalasco del pomodoro, che aderiscono al progetto per una ‘Una filiera agricola tutta italiana’ della Coldiretti”. Marini ha poi proseguito ricordando che il successo del superpomodoro dimostra che “è possibile fare ricerca con risultati concreti che rispondono a reali esigenze dei produttori e dei consumatori senza ricorrere a metodi innaturali come la manipolazione genetica”.
Ma alcuni – come il giornale online “Il fatto alimentare” – avanzano alcuni dubbi sull’eccellenza dell’iniziativa. Parlando addirittura di un “mezzo raggiro”, perché le proprietà benefiche del licopene (e quindi del superpomodoro) sarebbero tutt’altro che dimostrate. L’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) non ha per il momento confermato le diciture sulla funzione antiossidante del licopene naturale del pomodoro, e nemmeno i suoi effetti benefici sulla funzione cardiaca. Inoltre si ricorda come l’idea di un pomodoro ad altissimo contenuto di licopene non sia affatto una novità, ma un tentativo che da anni viene messo in atto in Italia come altrove (per esempio il “superpomodoro” The Moruno in Spagna, o l’Healthy Living Tomato in Inghilterra). Il dibattito scientifico è aperto.
Due dati, nel frattempo, sono certi. Il primo è che il Pomì L+, cioè il nuovo superpomodoro italiano, è già in commercio negli Stati Uniti con tanto di roboante slogan: “The Tomato Revolution from Italy”. La seconda è che di certo il licopene non fa male alla salute. Con il tempo si capirà se è anche benefico. Nel frattempo si attendono i primi numeri sull’andamento commerciale del prodotto.
(Luigi Torriani)