In principio fu l’aviaria, con danni spaventosi agli allevatori di mezzo mondo negli ultimi mesi del 2005. Una fobia alimentata a dismisura dal “giornalismo dei polli”, come l’ha definito Marco Travaglio nel libro La scomparsa dei fatti, e da politici come minimo compiacenti nei confronti di certe case farmaceutiche (Donald Rumsfeld possedeva addirittura delle azioni dell’azienda californiana che ha inventato il farmaco antiaviaria!). Fu così che un virus non trasmissibile da uomo a uomo e che fece il maggior numero di vittime – quarantadue – in Vietnam riuscì a mettere in ginocchio un intero comparto dell’industria alimentare grazie alla follia di molti e al lucido cinismo di alcuni.
Poi è stata la volta dell’influenza suina, che non poteva trasmettersi all’uomo mangiando carne di maiale cotta e che ha causato un numero di morti enormemente inferiore a quello della normale influenza stagionale ma che ha lo stesso determinato nel 2009 un parossitico calo delle vendite di carne suina. Oggi è la volta del batterio killer teutonico.
Dopo quarantanove morti e innumerevoli ipotesi sull’origine del batterio puntualmente enfatizzate a livello mediatico, allo stato presente sono stati completamente assolti tutti i vegetali che sedevano di volta in volta sul banco degli imputati, dai cetrioli della Spagna ai germogli di soia, ai fagioli ai broccoli all’aglio fino alle zucche ai legumi. L’ultima ipotesi è che L’Escherichia Coli provenga da una partita di semi di fieno greco importati dall’Egitto nel 2009 e nel 2010. In attesa dell’ennesima smentita ci auguriamo che la ricerca eziologica non metta capo ad oltranza a ipotesi su un’origine alimentare del batterio, altrimenti di questo passo dovremmo smettere di mangiare!
Nel frattempo, come spesso accade anche nella giustizia umana, l’imputato assolto ha subito danni enormi dal processo. Soprattutto i cetrioli, che secondo i dati forniti dalla Coldiretti hanno raggiunto il non invidiabile primato del 90% di prodotto invenduto nelle fasi di massima emergenza del mese di giugno. Grandi danni hanno subito anche pomodori, insalate, broccoli, zucchine, verze, e perfino pesche e nettarine, con un calo medio dei consumi di ortofrutta pari al 20%. Totale delle perdite economiche stimate da Coldiretti: circa 150 milioni di euro. Un giugno tragico su cui hanno pesato molto anche le mancate esportazioni all’estero, essendo la Germania il principale mercato di sbocco della produzione ortofrutticola italiana.
Il blocco delle importazioni sta costando ai produttori italiani circa 3 milioni di euro al giorno, e il crollo dei consumi di frutta e verdura mette a rischio un settore in cui operano 300.000 imprese ortofrutticole nazionali per un fatturato di oltre 11 miliardi di euro. D’altronde, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eurobarometro, il 43% dei consumatori italiani di fronte a un’emergenza alimentare evita per un certo periodo di tempo gli alimenti che sono stati in qualsiasi modo associati all’emergenza, anche se successivamente scagionati. Il 13%, addirittura, li esclude definitivamente dalla dieta.
Per far fronte a questo dramma della follia, per tutti i produttori dell’Unione Europea è previsto uno stanziamento di 210 milioni di euro, più ulteriori 15 milioni di euro del bilancio Ue per i prossimi tre anni (5 milioni l’anno) destinati a campagne di promozione a favore del settore ortofrutticolo. Tuttavia – sostiene la Coldiretti – nemmeno queste misure di emergenza sono sufficienti a coprire le perdite subite. Secondo Coldiretti occorre inserire anche pesche e nettarine tra le specie che possono accedere ai contributi straordinari dell’Unione Europea, ed è necessario estendere il periodo coperto dall’intervento fino a tutto il mese di luglio.
Luigi Torriani
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