Il Made in Italy nel caso dell’olio è un marchio di sicuro richiamo. Sia all’estero, con una crescita del 25% dell’export nel primo trimestre 2011, sia in Italia, dove l’olio del nostro Paese continua ad essere preferito rispetto agli oli stranieri. Ma qualcuno comincia a chiedersi: gli oli “italiani” sono davvero prodotti con olive italiane? O sono solo italiani per modo di dire?
Il problema è serio ed esiste da tempo. La notizia è che si sta aggravando. Le importazioni di olio d’oliva straniero in Italia nel primo quadrimestre del 2011 sono infatti cresciute del 22%. Un dato difficilmente interpretabile dietro il quale si nasconde un’evidente incremento del finto Made in Italy.
D’altronde l’Italia risulta il più grande importatore mondiale di olio di oliva. E le importazioni di olio continuano a crescere. Eppure chiunque dia un occhio agli scaffali dei supermercati si accorgerà facilmente che l’olio che viene venduto figura ufficialmente come quasi tutto italiano. Com’è possibile tutto questo? Com’è possibile – soprattutto – che ci siano degli oli “italiani” che vengono venduti a un prezzo che non è neanche in grado di coprire quelli che sono i costi della raccolta delle olive sul mercato italiano?
Nel luglio 2009 è entrata in vigore una norma che obbliga ad indicare in etichetta la provenienza delle olive. Il problema è che l’indicazione è spesso quasi illeggibile. Si tratta in genere di una scritta a caratteri molto piccoli e posta sul retro della bottiglia che segnala che l’olio in questione è in realtà il frutto di “miscele di oli di oliva comunitari” o “non comunitari”. Il tutto sommerso dietro marchi italiani e immagini e frasi ingannevoli che richiamano all’italianità.
In questa situazione la Coldiretti chiede innanzitutto che l’indicazione di origine sia resa obbligatoriamente più visibile, situata nella parte anteriore dell’etichetta e con caratteri di un’altezza non inferiore a 1,5 cm. Ma c’è di più. Si è raggiunto un accordo nella lotta alla contraffazione degli oli extravergine di oliva che prevede l’utilizzo di un nuovo metodo di analisi basato sugli isotopi stabili che consente di effettuare analisi specialistiche sulle provenienze nazionali, comunitarie o extracomunitarie degli oli extravergine di oliva.
Il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel frattempo è stato chiarissimo: “Non faremo mancare il nostro contributo, con un’attenta osservazione delle tante anomalie che si trovano sul mercato, dove occorre diffidare da quegli oli che sono venduti a prezzi che non riescono a coprire neanche i costi di raccolta delle olive. L’Italia è il più grande importatore mondiale di olio di oliva ma nei supermercati tutto quello in vendita sembra italiano perché le etichette sono praticamente invisibili o perché si utilizzano nomi o immagini che richiamano impropriamente alla realtà nazionale. Un vero inganno dietro il quale spesso si nascondono anche le truffe che oggi, grazie a questo accordo, siamo meglio in grado di combattere”.
Due cose per il momento le abbiamo imparate. Primo: dato che più di una bottiglia “italiana” di olio su due potrebbe non essere realmente italiana, è bene leggere con la massima attenzione tutto ciò che viene riportato in etichetta (sperando di non doversi munire di una lente di ingrandimento). Secondo: se un olio costa poco – piaccia o non piaccia – l’olio non è interamente italiano.
(Luigi Torriani)